Allarme previdenza: milioni di lavoratori in pensione con metà dello stipendio
15 feb 2024 | 2 min di lettura

Solo il 35% ha un fondo pensione
Pensioni basse e - almeno per ora - scarso ricorso alla previdenza integrativa. Una combinazione poco rassicurante per il futuro di milioni di italiani. Lo scenario emerge da uno studio di Moneyfarm, in collaborazione con Smileconomy, che ha analizzato le prospettive di chi nel 2024 compirà 30, 40, 50 e 60 anni (ovvero i nati nel 1994, 1984, 1974, 1964) e che andranno in pensione tra il 2031 e il 2062.
Gli importi delle pensioni
Per più di un lavoratore su due l’età di pensionamento va dai 65 anni e 6 mesi dei cinquantenni fino ai 68 anni dei trentenni. Ma il problema non è solo nel prolungarsi del congedo: le pensioni medie saranno di 1.125 euro, con un minimo di 881 euro per le donne cinquantenni e un massimo di 1.282 euro per gli uomini sessantenni.
Non solo. I tassi di sostituzione (cioè la percentuale dell’assegno pensionistico in relazione all’ultimo stipendio) crollano, passando dal 66% di coloro che quest'anno compiono 60 anni al 46% per le donne che compiranno 30 anni nel 2024. Ormai, afferma in modo crudo l’analisi, “l’obiettivo di poter contare sull’80% del proprio stipendio al momento della pensione appartenga al passato”.
Perché potrebbe andare ancora peggio
I numeri sono pessimi, ma in realtà potrebbe andare molto peggio. Moneyfarm definisce infatti le stime “ottimistiche”, perché ipotizzano continuità lavorativa dai 25 anni fino al momento della pensione e assumono la permanenza della legislazione corrente, elemento non scontato, visto che gli squilibri del sistema previdenziale potrebbero portare a nuovi interventi.
La simulazione, inoltre, usa l’andamento reddituale dei lavoratori dipendenti. Le cifre potrebbero quindi ridimensionarsi ulteriormente, perché gli autonomi tendono ad avere redditi imponibili mediamente inferiori, una minore aliquota contributiva e una carriera più discontinua.
Previdenza complementare: a che punto siamo
Insomma: senza una pensione integrativa o soluzioni assicurative di lungo periodo, si rischia di dover ridimensionare il proprio tenore di vita. Eppure, il ricorso a formule di questo tipo è ancora poco frequente. Tra i lavoratori coinvolti nell’analisi, appena il 35% ha un fondo pensione.
Nella maggior parte dei casi, inoltre, ci si iscrive tardi, si versa poco e si preferisce rischiare poco. Tutti fattori che condizionano l’entità della rendita integrativa. L’aderente medio è maschio (al 62%), ha 47 anni, versa 177 euro al mese, ha messo da parte 22.180 euro e, al termine, preferisce riscattare l’intero capitale.
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