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L'Home Restaurant va assicurato

l home restaurant va assicurato

Home restaurant, il pranzo si fa a casa

25 gen 2017 | 2 min di lettura | Pubblicato da Christian T.

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Complice il carovita, la pausa pranzo si fa a casa. Ma non la propria, bensì in quella degli appassionati di cucina che per pochi giorni all’anno aprono le porte a perfetti sconosciuti. E’ uno dei tanti esempi di sharing economy che da un lato consente ad alcune famiglie di trasformare un hobby in una professione, e in fin dei conti di arrotondare un po’,  e dall’altra di mangiare in un’atmosfera diversa dal solito e di conoscere persone nuove.

E’ il fenomeno dell’home restaurant che dopo tante polemiche, in particolare da parte dei ristoratori di professione, è stato finalmente disciplinato da una normativa su misura

Il disegno di legge, approvato dalla Camera, fissa infatti una serie di paletti ben precisi da un lato per tutelare i potenziali clienti, dall’altro per evitare che dietro un’attività saltuaria si nasconda un business su cui non vengono pagate le tasse.

In pratica, chi decide di cucinare e allestire una sorta di mini-ristorante a casa propria non può superare il limite di 500 coperti l’anno né avere un guadagno superiore a 5mila euro all’anno. Per evitare che qualcosa sfugga al fisco, i pagamenti inoltre vanno effettuati tramite carte di credito o bancomat, passando dalla piattaforma che gestisce le prenotazioni. Inoltre, l’attività di home restaurant non può sommarsi a quella di casa vacanze: se il padrone di casa l’ha già affittata non potrà quindi utilizzarne gli spazi per proporre anche pasti a pagamento. 

La legge stabilisce anche obblighi a carico di chi gestisce la piattaforma digitale che deve essere utilizzata dai potenziali clienti per prenotare. Ad esempio, dovrà verificare che i “cuochi” siano coperti da polizze assicurative per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant e che l’edificio che ospita i clienti sia coperto da un’apposita polizza casa che assicuri per la responsabilità civile verso terzi.

Chi decide quindi di dedicarsi a questa attività, non deve invece iscriversi al registro degli esercenti del commercio proprio perché non si tratta di un’occupazione a tempo pieno. Per essere in regola, ed evitare di pagare multe comprese tra i 2.500 euro e i 15mila euro, basterà invece presentare la “Scia”, detto in altri termini la “segnalazione certificata di inizio attività” che consiste in una comunicazione digitale da inoltrare al Comune secondo modalità che stabilirà il Ministero dello Sviluppo economico.

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