Come cambia il Car sharing: nuove regole, nuovi costi, nuove prospettive
8 dic 2025 | 3 min di lettura | Pubblicato da Christian Toscano

Il car sharing sta attraversando una delle sue fasi più delicate da quando è arrivato in Italia. Negli ultimi mesi, diversi operatori hanno rimodulato l’offerta, ridotto le flotte o addirittura abbandonato alcune città. All’origine c’è un mix complicato: costi crescenti per la gestione dei veicoli, calo degli utilizzi rispetto al passato, vincoli normativi più stringenti e una concorrenza sempre più forte delle alternative come biciclette ed e-bike. In questo scenario, le nuove regole annunciate dagli operatori — da Enjoy a Zity fino a Free2move — rischiano di cambiare il modo in cui molti cittadini si spostano nelle principali aree urbane italiane.
Dalle auto “ovunque” agli Enjoy Point: cosa sta succedendo al settore
La novità più discussa riguarda il passaggio dal modello free floating a un sistema con punti di ritiro e consegna obbligati. Enjoy ha annunciato che, dal 2026, le sue auto potranno essere prese e lasciate solo negli Enjoy Point situati in stazioni di servizio, aeroporti o stazioni ferroviarie. In più, sparisce la gratuità: parcheggiare sulle strisce blu o entrare nelle Ztl tornerà a pagamento.
Parallelamente, altri segnali non lasciano tranquilli:
- Zity ha comunicato l’addio a Milano per “insostenibilità del modello attuale”;
- Free2move ha dovuto ridurre la flotta, complice l’obbligo di utilizzare soltanto veicoli elettrici.
Le motivazioni degli operatori convergono: i costi di gestione sono elevati — dalla manutenzione ai vandalismi, fino ai canoni comunali — mentre l’uso effettivo delle vetture è in calo. Nel 2018 si registravano oltre 17.000 noleggi al giorno, scesi a poco più di 8.000 nel 2024. Numeri che rendono evidente quanto la domanda non sia più quella di una volta.
Perché cambiano le regole: tra sostenibilità economica e nuove abitudini
Le trasformazioni non dipendono solo dai conti delle aziende, ma anche dal modo in cui è cambiata la mobilità urbana. L’aumento dell’uso di bici ed e-bike, soprattutto nelle città più strutturate, ha sottratto utenti al car sharing, che oggi risulta meno competitivo su tragitti brevi o quotidiani.
Le amministrazioni, da parte loro, chiedono agli operatori flotte sempre più sostenibili e maggiori garanzie sullo stato dei veicoli. Un quadro che rende necessario ripensare i modelli “a consumo” nati dieci anni fa.
L’obiettivo dichiarato di operatori e comuni rimane comunque quello di favorire una mobilità meno dipendente dall’auto privata, ma per funzionare servono incentivi e una regolamentazione più sostenibile.
RC Auto e impatto per gli automobilisti: cosa cambia davvero
Il tema assicurativo è forse quello più sottovalutato, ma potrebbe essere la variabile decisiva. Una riduzione del car sharing significa, per molti utenti abituali, meno alternative alla proprietà dell’auto privata. E questo ha effetti concreti sul costo della mobilità.
Il car sharing può infatti contribuire — indirettamente ma in modo significativo — a ridurre i costi della RC Auto:
- meno auto in circolazione vuol dire meno traffico e meno incidenti, quindi premi più stabili nel tempo;
- chi rinuncia all’auto privata, grazie al car sharing costante, spesso sceglie polizze più leggere, ad esempio quelle a chilometri.
Al contrario, un car sharing meno diffuso potrebbe far tornare molti utenti all’auto di proprietà. Questo comporterebbe:
- più veicoli sulle strade, quindi più sinistri e premi potenzialmente più alti;
- meno spinta verso formule assicurative innovative come le polizze pay-per-use;
- un rallentamento dell’evoluzione verso una mobilità urbana più sostenibile.
Sostenere il car sharing significa dunque sostenere anche un mercato assicurativo più equilibrato, perché città meno congestionate generano meno rischi. Non si tratta solo di un tema ambientale o di servizi: riguarda direttamente le tasche degli automobilisti e la salute del sistema RC Auto.
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