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Polizze vita e pignorabilità

16 dic 2013 | 3 min di lettura | Pubblicato da Christian T.

Le polizze vita nascono da un’esigenza di avere un’assicurazione privata con l’obiettivo di tutelare se stessi con una previdenza integrativa o i familiari a causa di un evento negativo, ma negli ultimi tempi i prodotti si sono trasformati. Alcuni di essi si sono avvicinati molto a una vera e propria forma di investimento. Questo anche grazie al fatto che, in linea di massima, il capitale investito è impignorabile e insequestrabile mettendolo così al riparo dai creditori. Ma è sempre così?

Polizza vita: proteggi i tuoi cari
Polizza vita: proteggi i tuoi cari

La questione: previdenza o risparmio?

In teoria tutte le polizze vita sarebbero insequestrabili o impignorabili, almeno stando a quanto previsto dal codice civile che, all’interno della parte sulle obbligazioni e sui contratti affronta nello specifico la questione dei creditori e dei loro diritti rispetto al contratto di assicurazione sulla vita. Il legislatore, infatti, ha previsto all’articolo 1923 del codice che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario, non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.  Fin qui chiaro: il cliente- assicurato andrà a pagare il premio in un’unica soluzione o in più soluzioni e, dopo l’evento decesso o a scadenza della polizza, lui o i beneficiari ricevono le somme dovute. La legge prevede che tali somme non potranno essere sottoposte a pignoramenti, restando salve dalle azioni dei creditori.

Tuttavia, le polizze si sono prestate a forme di abuso per “segregare” il patrimonio, magari subito prima del fallimento di un’impresa o proprio con lo scopo di recare danno ai futuri (e certi) creditori. Per dirla in altre parole è stato trasformato in una sorta di fondo patrimoniale o di un trust.

Sezioni unite: l’assicurazione non si tocca

Agli inizi del 2000, infatti, la prima sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 8676) ha detto la sua, dando una lettura restrittiva all’articolo 1923, per vedere di scoraggiare chi ne stesse approfittando. La Suprema Corte ha smorzato il divieto di pignorabilità che vige per le somme date all’assicurazione (i premi) ma non per quelle percepite per riscattare la polizza, cioè il beneficio. Questo perché in questo caso l’assicurato verrebbe a recuperare oltre al suo patrimonio somme che, pur realizzando lo scopo di “risparmio”, non integrano tuttavia gli estremi della funzione “previdenziale”, ed è la forma previdenziale a essere tutelata dal legislatore.

Ma in meno di un decennio, e parecchie sentenze contrastanti dopo, la Cassazione, questa volta a Sezioni Unite, ha deciso di tornare sul punto. Ha chiarito il suo orientamento, ribaltando però il vecchio indirizzo e confermando l’impignorabilità delle somme assicurate e di quelle dovute dall’assicuratore a titolo di valore di riscatto delle polizze vita (31/3/2008, n. 8271). Le motivazioni…praticamente opposte alla precedente visione. La funzione previdenziale “quale forma di assicurazione privata (pur nelle possibili sue varie modulazioni negoziali)” esiste sempre sottoscrivendo questo tipo di prodotto.

Nel caso di un fallimento, i giudici hanno stabilito che il curatore non è legittimato a chiedere lo scioglimento di questo tipo di contratti per acquisire il valore di riscatto nella massa. Questo anche perché lo stesso articolo 1923 del codice civile prevede altri strumenti per bloccare gli effetti negativi di una polizza fatta con “altre finalità”, si può infatti agire con un’azione revocatoria relativamente "ai premi pagati" (1923 comma 2 “Sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori e quelle relative alla collazione, alla imputazione e alla riduzione delle donazioni”).

Allora le polizze vita sono salve dai creditori oppure no? Il problema è doppio: analizzare le tempistiche di sottoscrizione della polizza e verificare se esse siano dubbie perché strumentali a un debito subito successivo. In più, bisogna approfondire la natura dello strumento sottoscritto e capire se si tratta di un contratto con natura previdenziale o se in esso è presente una forte o prevalente natura finanziaria che fa rubricare l’assicurazione come risparmio/investimento, anziché tutela/previdenza.

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