Il mercato europeo dell’auto in calo fino al 2030
20 mag 2025 | 3 min di lettura

“Il settore automotive si trova oggi davanti a un momento di svolta senza precedenti”. E, purtroppo, non in senso positivo. “Dopo decenni di espansione il comparto è entrato ufficialmente in una fase di stagnazione prolungata, mentre nuovi equilibri geopolitici e industriali mettono in discussione la tenuta dell’intero ecosistema”. Lo afferma l’Aniasa, l’Associazione Nazionale Industria dell'Autonoleggio, della Sharing mobility e dell'Automotive digital.
Europa in declino ancora per anni
Non si tratterebbe di un semplice momento di difficoltà ma di una tendenza che potrebbe durare anni. L’associazione prevede infatti un mercato europeo in declino almeno fino al 2030. In Italia, in particolare, lo scenario è fosco: “Si riducono gli acquisti di nuove auto, aumenta il ricorso all’usato, l’elettrico non sfonda e, nonostante il forte calo del diesel, le emissioni medie di CO₂ restano superiori a quelle del 2015”.
Una nuova geografia dell’auto
Come accade in momenti di crisi, le difficoltà non portano solo un rallentamento ma anche un cambiamento di equilibri. Se nel periodo 2001-2017, l’Asia (e in particolare la Cina) ha guidato la crescita globale del settore auto, oggi lo scenario è cambiato.
Per il periodo 2017-2030, si prevede una sostanziale stagnazione in Cina (+0,3%), un declino nei mercati maturi come Europa (-0,6%), Nord America (-0,4%), Giappone e Corea (-1,2%). Al contrario, emergono nuove aree di potenziale espansione, come l’Asia meridionale (+2,7% di crescita media annua) e il Sud America (+1,5%).
Secondo le stime, entro il 2028 l’Europa dovrebbe accumulare un divario di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni fatte nel 2022. Il Nord America segue un trend analogo, con uno scarto negativo di 7,5 milioni di unità. Queste cifre testimoniano un rallentamento strutturale della domanda che rischia di compromettere la sostenibilità di molti costruttori, specialmente quelli con maggiore esposizione su questi mercati.
Italia, non si compra più nuovo
In Italia, l’Aniasa evidenzia un deciso ritorno all’uso dell’auto privata come mezzo principale per gli spostamenti. Tuttavia, questo non si traduce in un aumento delle vendite di nuove vetture, ma in una crescita dell’usato. L’effetto diretto è un parco circolante che, nonostante gli incentivi alla rottamazione e le altre agevolazioni per le elettriche (dalle assicurazioni ai bolli fino ai parcheggi), stenta a ringiovanire.
Ma perché non si compra più un’auto nuova? Il prezzo resta il fattore discriminante, tanto da rappresentare il primo motivo (35%) per l’acquisto di modelli cinesi o asiatici. Nel Q1 2025 le ibride raggiungono il 50% del mercato, mentre le Bev restano ferme al 5%, soprattutto tra i privati e nel Mezzogiorno, con una penetrazione reale sotto il 5%.
La transizione fragile
L’auto elettrica mostra timidi segnali di ripresa, ma il trend positivo riguarda solo le compatte, mentre le vetture di fascia alta restano stagnanti. A livello europeo, la diffusione delle Bev resta piatta da oltre tre anni, nonostante l’incremento della rete di ricarica. Il mercato risponde alla pressione normativa non con l’elettrico, ma con le ibride. “È il segno – conclude l’Aniasa - di una transizione ancora fragile e guidata più dall’offerta che da una domanda realmente convinta”.
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