Futuro in bilico: 2 italiani su 3 senza previdenza complementare
28 nov 2025 | 2 min di lettura

Nel 2007, il cosiddetto “semestre di silenzio-assenso”, coinvolse più di 5 milioni di dipendenti del settore privato e portò ad un aumento di oltre il 63% nel numero degli iscritti ai fondi pensione negoziali. Oggi, a più di 18 anni di distanza, la previdenza complementare (dai Pip alle assicurazioni fino ai fondi) fatica ancora a imporsi in Italia.
Analizzando un campione rappresentativo di cittadini in età lavorativa, l’Osservatorio Moneyfarm ha calcolato che, degli oltre 31,4 milioni di italiani nati tra il 1961 e il 2000, solo il 37% (con una quota che scende al 23,7% tra gli autonomi) dispone di un fondo pensione, mentre il restante 63% risulta occupato senza forme di previdenza complementare oppure inoccupato.
A livello territoriale, con l’eccezione virtuosa del Trentino-Alto Adige, dove il tasso di adesione alla previdenza integrativa tra i 25 e i 64 anni sfiora il 63%, nessun’altra regione supera la soglia del 50% di lavoratori iscritti a un fondo pensione. In coda alla classifica si trovano Campania e Sicilia, con tassi di adesione rispettivamente del 28,5% e del 28,9%.
Le potenzialità del TFR
Anche l’impiego del TFR come strumento di investimento previdenziale è limitato: tra il 2007 e il 2024 soltanto il 23,8% del TFR generato dalle imprese italiane è stato destinato a forme di previdenza integrativa. Il resto è rimasto nelle aziende (234 miliardi di euro) o è confluito nel Fondo di Tesoreria INPS, che raccoglie il TFR delle aziende con più di 50 dipendenti (105 miliardi).
Nonostante le resistenze, il Trattamento di Fine Rapporto continua a rappresentare quasi la metà della raccolta complessiva dei fondi pensione (42,5%), confermando come il suo conferimento possa essere una delle principali leve di crescita per la previdenza complementare.
Il divario di genere
Un altro tema rilevante è la disparità di genere. Solo il 39% degli iscritti ai fondi pensione è donna. Un divario deriva anche dalle differenze occupazionali. Tra i 20 e i 64 anni, infatti, le donne registrano un tasso di occupazione (58,1%) di 19 punti percentuali inferiore rispetto agli uomini (77,3%). Una distanza che inevitabilmente si riflette anche sulla partecipazione alla previdenza integrativa.
La situazione migliore è per gli uomini di età compresa tra i 55 e i 64 anni, dove quasi la metà (48%) ha sottoscritto un fondo pensione, contro il 42% delle coetanee donne. All’estremo opposto, la situazione più critica riguarda le giovani donne tra i 25 e i 34 anni: in questa fascia il tasso di adesione crolla al 25,5%, a fronte del 33,2% dei coetanei uomini.
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